Choe Son Hui, prima viceministra degli affari esteri della Repubblica popolare democratica di Corea, ha rilasciato la seguente dichiarazione il 17 marzo Juché 110 (2021) a Pyongyang:
A partire da metà febbraio, gli Stati Uniti hanno cercato di contattarci per diverse vie, compresa New York.
In questi ultimi giorni hanno mendicato il contatto con noi inviando email e messaggi telefonici per vari canali. Anche la notte alla vigilia delle esercitazioni militari congiunte, per tramite di un paese terzo, hanno inviato un messaggio per implorarci nuovamente di accettare il contatto con loro.
E tuttavia noi pensiamo che sia inutile rispondere ancora ai loro giochi per guadagnare tempo.
Abbiamo già esposto la nostra posizione in precedenza: finché gli Stati Uniti non rinunciano alla politica di ostilità verso la nostra repubblica, qualsiasi contatto e dialogo con loro è irrealizzabile; pertanto faremo poco caso a simili tentativi di contatto degli Stati Uniti anche in futuro.
Per un vero dialogo è necessario creare un’atmosfera favorevole, perché entrambe le parti possano sedersi faccia a faccia e scambiarsi vedute su un piano di parità.
Ma dopo il cambio di regime negli Stati Uniti noi udiamo solo la lunatica teoria della “minaccia nordcoreana” e la retorica infondata sulla “completa denuclearizzazione”.
La Casa Bianca, il Dipartimento di Stato, il Dipartimento del Tesoro, il Dipartimento della Giustizia, ecc. si profondono l’uno dopo l’altro a snocciolare una raffica di sofismi fuori luogo: gli Stati Uniti hanno sempre un vivo interesse a tenere sotto controllo la Corea del nord; e stanno ora esaminando quali mezzi usare contro di essa, comprese le sanzioni addizionali e gli stimoli diplomatici. D’altra parte mantengono un atteggiamento intransigente, convocando una conferenza internazionale a noi sfavorevole, pubblicando un annuncio di “allerta congiunta” e muovendo accuse contro di noi.
Dal canto loro, le autorità militari americane continuano ad esercitare di nascosto la loro minaccia militare e mobilitano numerosi sistemi di sorveglianza nelle attività di spionaggio contro di noi. A dispetto delle inquietudini e delle proteste unanimi all’interno e all’esterno del paese, sono giunte ad intraprendere le aggressive esercitazioni militari congiunte dirette contro di noi alla luce del sole.
Sembra che gli Stati Uniti non abbiano ancora abbandonato la cattiva abitudine di denigrare ed accusare ostinatamente la RPDC.
Perfino in riferimento alle misure antiepidemiche prese dal nostro Stato, gli Stati Uniti hanno stupidamente detto che esse ostacolano non si sa quali “aiuti umanitari”.
Durante la sua visita in Giappone, il segretario di Stato ha parlato a gran voce di vari mezzi di pressione, ora sottoposti a riesame, mettendo a dura prova i nostri nervi. Sono curiosa di sentire quali fesserie racconterà in Corea del Sud per stupire il mondo.
Se gli Stati Uniti vogliono tanto sedersi di nuovo faccia a faccia con noi, devono rinunciare alle loro cattive abitudini e cambiare atteggiamento fin dall’inizio.
Noi seguiremo da vicino e annoteremo in dettaglio tutte le disgustose attività perpetrate dal nuovo regime americano fin dai suoi primi passi.
Sarà meglio che gli Stati Uniti abbandonino il trucco da quattro soldi di sfruttare il contatto RPDC-USA come mezzo per guadagnare tempo e costruire l’opinione pubblica.
Noi perderemmo soltanto del tempo prezioso dialogando con gli Stati Uniti che non sono pronti a percepire i nuovi cambiamenti e ad accettare la nuova epoca.
Ripeto che agli Stati Uniti non saranno offerte altre opportunità come a Singapore e ad Hanoi.
Reagiremo volentieri anche alla leva delle sanzioni che gli Stati Uniti si sono spesso compiaciuti di applicare.
Gli Stati Uniti farebbero meglio a riflettere su cosa faremo per fronteggiare la continuazione della loro politica ostile verso la RPDC.
Abbiamo già messo in chiaro che tratteremo gli Stati Uniti secondo il principio di rispondere alla forza con la forza e alla buona fede con la buona fede.
Pubblicato nella pagina http://www.gamadilavoce.it/rpdc.html alla sezione Corea. Un caro abbraccio, Roberto Gessi.
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